Durante uno degli eventi che Generazione Senior propone, raccontiamo brevi storie di persone senior che si tengono attivi, e le abbiamo chiamate “Vita da Senior”: personaggi più o meno noti, che ancora oggi sono attivi, anzi non hanno mai smesso di esserlo, che, nei vari campi, sono da stimolo ed esempio.
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Nel gioco del calcio, il ruolo del portiere è notoriamente quello che consente una maggiore longevità agonistica. Tuttavia, trovare qualcuno che, alla soglia degli 80 anni, riesca ancora a volare da un palo all’altro, seppur in categorie dilettantistiche, come il nostro protagonista, Lamberto Boranga, è davvero un evento eccezionale. Nel corso della carriera agonistica Fiorentina, Cesena, Cremona, Parma, Boranga si laureò in Biologia e Medicina (nel periodo di Cesena faceva internato gratuito all’ospedale Bufalini), divenne sindacalista nella difesa dei diritti dei colleghi calciatori e giornalista free-lance anche per una testata importante come il Guerin Sportivo, Anche in questo fu precursore per i colleghi degli anni a venire. Una delle ulteriori innovazioni di Boranga fu l’uso dei guanti da portiere; erano versioni che precorrevano i guanti che i numeri uno indossano oggi.
Nel 1992, a 50 anni divenuto nel frattempo medico sociale della società Bastardo (compagine dilettantistica della provincia di Perugia)nomen- omen a causa del forfait contemporaneo di tutti i portieri in rosa, torna tra i pali. Lamberto in effetti, non ha mai smesso di giocare e nel frattempo trova il modo di diventare primatista del salto in alto nelle categorie master e si cimenta anche nel salto triplo. Nel 2008 ottiene agli Europei di atletica il record mondiale di salto in lungo over 60 con 5,47 metri. Nel 2014 si laurea campione del mondo di salto in alto nella categoria over 70. Il 5 maggio 2018 alla veneranda età di 75 anni gioca la sua ultima partita in terza categoria con la Marottese, società marchigiana. E questa foto che vedete è la sua ultima partita giocata. Ma prosegue la sua carriera in atletica leggera. Nel 2023 nella categoria M80 ,vince due ori ai campionati italiani indoor, nel salto in lungo e nel salto. Lamberto Boranga è un personaggio non banale: portiere, dottore, rivoluzionario, chiamatelo come vi pare. Se ad uno scrittore non potete togliere il materiale per scrivere, ad un portiere non potrete mai togliere il gusto di volare.
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L’enciclopedia Treccani per l’anno 2025 ha scelto la parola rispetto come PAROLA DELL’ANNO: visto che anche noi qui ci occupiamo di parole, vorremmo proporne una: E QUESTA è: OTTIMISMO. Nel 2013 dalla Norvegia arriva notizia di un film, anzi di un documentario particolare e sfizioso per il tema che tratta. Protagonista della storia una improbabile squadra di simpatiche signore di età compresa tra i 66 e i 98 anni. The Optimists, questo è il titolo, narra in un docufilm la vicenda della “old” squadra di pallavolo di Hamar, Norvegia, che si sta preparando per la sua prima partita in 30 anni, contro l’omologa squadra maschile svedese. Si allenano ma non conoscono nemmeno le regole, queste quindici donne, e i numeri delle loro maglie indicano la loro età biologica, non certo quella percepita. Una storia d’amicizia nel periodo crepuscolare delle loro vite, lo sport è anche pretesto per dire altro. “Anche se il team si è allenato una volta alla settimana per 40 anni, non ha giocato una sola partita negli ultimi 30 anni”, viene raccontato dalla coach della squadra, una donna di 82 che vedete qui in campo. “Ora abbiamo deciso che ci piacerebbe finalmente giocare una partita. Ma contro chi avremmo dovuto giocare? Una squadra di bei ragazzoni del vicino villaggio di Brumunddal? Oppure andare in Svezia per trovare un degno avversario?”Il docufilm racconta la storia di questa epica partita. Una definizione di ottimismo cita testualmente: “l’ottimismo è quella Disposizione psicologica a prevedere e giudicare favorevolmente il corso degli eventi, e a considerare la realtà nel suo lato migliore, anche a costo di illudersi.” Ci sembra un ottimo augurio per iniziare il nuovo anno, guardando al lato migliore di ciò che ci accade, lasciando spazio a creatività e immaginazione. C’è un’ultima lezione che dobbiamo imparare: nella pallavolo, a differenza di altre discipline sportive, è necessario eseguire tre tocchi per finalizzare l’azione, quindi da soli non possiamo vincere.
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Nel 2019 il Messaggero riporta questa notizia: Dorothy uno, Dorothy due, Dorothy tre. Tre donne, tutte con lo stesso nome di battesimo hanno festeggiato in quell’anno il record della più longeva e grande amicizia femminile finora documentata, festeggiando assieme il compleanno centenario. Pensare che quando sono nate, un secolo fa, c’era ancora Wilson alla Casa Bianca e la prima guerra mondiale si era appena conclusa. Inutile dire quanto in quel periodo il nome Dorothy fosse piuttosto comune, stando almeno ai dati dell’anagrafe americana, visto che era popolarissimo per le registrazioni dei nuovi nati. Almeno una bambina su dieci negli Stati Uniti sembra sia stata chiamata così, proprio come il personaggio immaginario, protagonista del romanzo per ragazzi Il meraviglioso mago di Oz. Tutte sono nate e cresciute a pochi metri di distanza in una cittadina del Maine, Auburn, dove si sono diplomate alla stessa scuola nel 1937 e, naturalmente, hanno spento assieme, con una bella festa, le 100 candeline sulla torta. I giornali le hanno chiamate le tre Dots e alla fine sono diventate famose anche al di fuori della loro regione. Hanno attraversato assieme il XX secolo, condividendo l’amicizia, scambiandosi consigli per i figli, trascorrendo pic-nic, vacanze e feste con i rispettivi mariti. Il destino della tre Dots forse era segnato per essere unico, per testimoniare il dono dell’amicizia.
Le lunghe amicizie sono come alberi secolari: crescono nel tempo, affondano radici profonde e resistono alle tempeste della vita. Sono fatte di ricordi condivisi, di silenzi che non pesano e di parole che sanno curare. Il loro valore sta nella certezza di avere sempre qualcuno al proprio fianco, nei momenti di gioia come in quelli di difficoltà. Una lunga amicizia non si misura in anni, ma nella capacità di restare, di capirsi senza bisogno di troppe spiegazioni e di custodire con affetto la storia vissuta insieme.
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La biblioteca su ruote è la più piccola d’Italia, ed è un patrimonio tutto lucano. Antonio La Cava, un eroe culturale dei nostri giorni. L’insegnante in pensione ha trasformato il suo furgone a tre ruote in una biblioteca mobile, il Bibliomotocarro. Percorrendo le colline e le montagne della Basilicata, La Cava può raggiungere i bambini in villaggi remoti come San Paolo Albanese, che ha solo due bambini in età da scuola primaria. “Ero preoccupato di invecchiare in un paese di non lettori”. La Cava ritiene fondamentale diffondere la gioia della letteratura a quanti più bambini possibile: “realizzare un’azione del genere ha un valore non solo sociale, non solo culturale, ma ha un grande significato etico”. La Cava spera che il suo Bibliomotocarro porti il messaggio che la cultura è fatta da e per tutti, non solo per pochi privilegiati.
Il libro che sta per uscire, PROTETTORI DELLA PAROLA SCRITTA, racconta la sua storia inedita e quella di altri 24 ispirati protettori dei libri nell’era digitale. Il lancio è previsto per giugno 2024. Al maestro Antonio La Cava è stato assegnato il prestigioso riconoscimento Premio Heraclea l’ 11 agosto 2024
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Gilda abita in un appartamento protetto a #APCerro, in una corte dove all’interno, si trova una scuola materna e un nido. Quasi ogni giorno Gilda esce di casa, scende al nido e saluta Matteo, che l’aspetta e con lei entra. E’ un rito, un’abitudine che entrambi si sono dati e poco importa se tra loro ci sono 100 anni di differenza: si, perché la Signora Gilda ha da poco compiuto 101 anni, mentre Matteo ha spento una candelina.
Al 1° gennaio 2024, i centenari residenti nel Paese sono 22.552, con una crescita di oltre il 30% rispetto ai 17.252 registrati nel 2014. L’aumento dei centenari rappresenta una sfida e un’opportunità per la società italiana. Da un lato, evidenzia i progressi nel campo della salute e del benessere; dall’altro, richiede una riflessione sulle politiche sociali ed economiche necessarie per supportare una popolazione sempre più longeva. I centenari, con la loro esperienza e memoria storica, costituiscono una risorsa preziosa per le comunità, offrendo testimonianze dirette di epoche passate e contribuendo alla trasmissione di valori e tradizioni.
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Alcuni anni fa, all’interno di una mostra che si è tenuta al British Museum di Londra, viene proposta un’installazione: un tavolo lungo 14 metri ricoperto di pillole, l’equivalente dei farmaci che un inglese medio avrebbe assunto nel corso della vita. L’installazione si chiama “From cradle to grave” (dalla culla alla tomba) e, per quanto impressionante, l’opera sottovaluta la quantità di farmaci che assumeremo: gli ultimi dati mostrano che in media ciascun italiano prende circa una pastiglia e mezzo al giorno pagata dal Servizio Sanitario Nazionale; aggiungiamoci i vari integratori, i farmaci senza obbligo di ricetta e le vitamine e i conti diventano impressionanti: ciascuno di noi assumerà più di 35 chili di “Farmaci” in senso allargato nel corso della vita. Ma questi molti chili sono tutti ugualmente necessari? Pensate che questa domanda ce la pone Silvio Garattini, re dei farmacologi italiani, oncologo e presidente dell’istituto di ricerca Mario Negri. Un arzillissimo ed efficiente 96enne che non fa che spiegare quanto il suo buon mangiare sia stato fondamentale nel suo percorso di buona salute. Ma cosa mangia il farmacologo 96enne? Queste le sue abitudini: “Due biscotti a colazione. A pranzo nulla, a volte una spremuta di frutta. Dopo cena mi alzo da tavola con un leggero senso di fame, come consigliavano i nostri nonni. Carne rossa o alcol…raramente”. Niente zuccheri? Non proprio: “Nel caffè un cucchiaino di zucchero lo metto volentieri. Nessuna privazione, mangiare poco diventa presto un’abitudine. Infatti al ristorante non riesco quasi mai a finire il piatto”. L’alimentazione è uno dei tratti che accomunano gli ultracentenari delle cosiddette five Blue Zone del pianeta, oggetto di studio come se fossero dei luoghi magici del pianeta. Qui l’aspettativa di vita media è superiore alla media globale e gli scienziati le studiano da decenni per svelarne i segreti, metodi, stili di vita per proseguire in una vita longeva e positiva.
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Chi era Arturo Toscanini? Una vera leggenda alimentata dalla sua biografia, dagli aneddoti che ne descrivono la determinazione, il carattere, la personalità, l’autorevolezza. E naturalmente dal suo valore come musicista. Tutto nacque quando, giovane violoncellista (suonò anche per la prima di Otello con Giuseppe Verdi concertatore), durante una tourné con un’orchestra sudamericana sostituì il direttore, dirigendo Aida a memoria. Musicalmente era rigoroso, non tollerava compromessi ed era fedele ai compositori. Caratterialmente era burbero, quasi dittatoriale, col suo gesto pulito, il suo orecchio infallibile. Ad esempio con Giacomo Puccini ebbe un rapporto molto controverso, a causa del carattere di entrambi. Alla fine però Puccini riconobbe che nessuno avrebbe potuto dirigere Manon Lescaut come aveva fatto quello che chiamava “l’omaccio”. E Toscanini depose la bacchetta in occasione della prima della Turandot incompiuta nel punto in cui Puccini “era morto”. Ma la vita di Toscanini è un florilegio di storie tra le tante la non accettazione della nomina senatore a vita, perché disse “desidero finire la mia esistenza nella stessa semplicità in cui l’ho sempre percorsa”, o come la sua scelta di pagare i biglietti per i familiari che assistevano alle rappresentazioni alla Scala. Al suo ultimo concerto dal vivo alla Carnegie Hall il 4 aprile 1954, con l’orchestra sinfonica della NBC ha 87 anni: nell’immaginario collettivo, a quale tipo di carattere pensiamo sia ancorato un uomo con questa età anagrafica: pensiamo forse che il suo carattere possa essere cambiato con il procedere degli anni? Il carattere di un individuo non è una semplice somma di tratti psicologici, ma una forza profonda che accompagna e guida l’essere umano nel corso della vita. il carattere non è qualcosa da plasmare secondo un modello esterno, ma una qualità innata che si rivela pienamente nel tempo, soprattutto con l’avanzare dell’età. In questo senso, il carattere si manifesta in modo più evidente con l’età. Il tempo senior è l’occasione perfetta per far emergere quella forza interiore che abbiamo coltivato, spesso inconsapevolmente, durante tutta la vita. Le rughe, i ricordi, le abitudini consolidate: tutto parla di carattere. Non si tratta di diventare “altri”, ma di diventare pienamente se stessi.